venerdì 28 ottobre 2011

Dal sito di Rivolta il Debito

Per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito sotto forma di obbligazioni o titoli di Stato (Bot, Btp, Cct etc) destinate a coprire il disavanzo di bilancio cioè il deficit. Il debito pubblico italiano a metà 2011 è di 1.911 miliardi di euro, il 120,6% rispetto al Prodotto interno lordo.

domenica 19 dicembre 2010

DALL'ASSOCIAZIONE DIRITTI PER TUTTI

lunedì 20 dicembre
ore 20.30 assemblea generale del presidio
al Magazzino47

venerdì 25 giugno 2010

Uno stato dello spirito di José Saramago

Marx ed Engels hanno scritto nella Sacra famiglia: «se l'uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente». Niente di più chiaro, niente di più eloquente, niente di più ricco di senso. Non avevo ancora trent'anni quando, per la prima volta, lessi quelle parole. Furono, per così dire, la mia via di Damasco. Capii che mi sarebbe stato impossibile tracciare una rotta per la mia vita al di fuori di quel principio e che solo un socialismo integralmente inteso (dunque, il comunismo) avrebbe potuto soddisfare i miei aneliti di giustizia sociale. Molti anni più tardi, in una intervista con Bernard Pivot, che voleva sapere perché continuassi a essere comunista dopo gli errori, i disastri e i crimini del sistema sovietico, risposi che, essendo un comunista «ormonale», mi era impossibile avere delle idee diverse: gli ormoni avevano deciso. La spiegazione è più seria di quanto sembri: e forse si capisce meglio se dico che, in qualche modo, ha un equivalente nel «non possumus» biblico. Recentemente, suscitando lo scandalo di certi compagni dediti alla più canonica ortodossia, ho osato scrivere che il socialismo - e a maggior ragione il comunismo - è uno stato dello spirito. Continuo a pensarlo. E la realtà si incarica giorno dopo giorno di darmi ragione.
da «Comunista a chi?»

mercoledì 16 giugno 2010

Una prova di forza che nasconde una debolezza

Berlusconi si asserraglia dietro leggi-porcate come mezzo per tenere compatta una maggioranza ormai ampiamente insidiata dalla crisi. Ma non c'è un'opposizione che voglia tenere unite le due questioni e rimettere in discussione la sua permanenza a Palazzo Chigi

Salvatore Cannavò

Ancora una volta, passa in Parlamento, per ora solo al Senato, una legge tarata su privilegi e interessi personali e ancora una volta assistiamo a una polemica incandescente. Certo, stavolta la legge non tutela esplicitamente interessi personali del Presidente del Consiglio ma punta a tutelare la "cricca" che gli gira intorno, pericolosamente minacciata da intercettazioni e inchieste giudiziarie sottoposte immediatamente all'opinione pubblica e quindi pericolose sul piano del consenso.
La legge sulle intercettazioni, la cosiddetta legge-bavaglio è in effetti l'ennesima porcata. Non tutela affatto alcuna privacy ma prova a tutelare i potenti del paese. Le intercettazioni dureranno 75 giorni e per prolungarle occorrerà chiedere ogni tre giorni una specifica autorizzazione al vertice del distretto giudiziario; i giornali non potranno pubblicare che il riassunto delle parole ascoltate dagli investigatori e solo alla fine della fase istruttoria; e poi le multe agli editori, il divieto di ascoltare i processi in diretta - ad esempio su Radio Radicale - e altro ancora. Appunto, una porcata.
Berlusconi pensa di potercela fare a portare a casa il risultato, sia per tutelare i vari Scajola e Bertolaso - e non va sottovalutato questo dato, perché si tratta di sodali che nascondono segreti e informazioni importanti - sia perché pensa di esercitare una presa sulla propria maggioranza ormai sfilacciata e dilaniata da contraddizioni sempre più evidenti. E tutte riconducibili a un punto nevralgico, la percezione che il tempo di Berlusconi sia finito e che bisogna preoccuparsi del dopo e quindi preparasi adeguatamente. Non sfugge infatti l'opportunismo con cui Fini accetta di farsi mettere all'angolo pensando di attendere per sé un momento più propizio.
E' noto che i colpi di coda degli animali feriti facciano male e quindi il Berlusconi in difficoltà può essere ancora più pericoloso del solito. Ma la sensazione è che la prova di forza nasconda una debolezza. Debolezza dettata in primo luogo dalla crisi e che sta producendo un binomio evidente tra attività di governo e peggioramento significativo delle condizioni di vita di lavoratori e lavoratrici. Con perdite di consenso progressive. Certo, il governo è accorto a toccare il blocco sociale che gli è più distante e che non lo vota: pubblico impiego, insegnanti, lavoratori e lavoratrici, giovani precari, cercando di tutelare il proprio blocco con un'ipocrita lotta all'evasione fiscale, la tutela sfrenata delle piccole imprese nordiche, ma anche delle grandi banche o di imprese come la Fiat. E c'è una sorta di parallelo possibile tra un governo che si asserraglia attorno al proprio blocco sociale di riferimento - all'interno del quale, però, crescono e si dilatano mugugni e mal di pancia come dimostra il dibattito del centrodestra sulla manovra - e un premier che si barrica dietro leggi costituzionalmente improbabili e dietro un'arroganza reiterata con baldanza.
Il problema è che questo parallelo sembra sfuggire all'opposizione parlamentare ma anche a quella sociale. Il governo soffre una crisi di legittimità evidente - basta parlare nei luoghi di lavoro, leggere con serietà i sondaggi di opinione, leggere anche i risultati elettorali concreti, come quelli delle provinciali in Sardegna - ma non si intravede una iniziativa che, collegando la politica economica e l'attacco alla democrazia e all'informazione, metta in discussione il diritto di Berlusconi a governare ancora e quindi esiga, con un'iniziativa prolungata, le sue dimissioni. Ancora una volta, torniamo sul nostro chiodo fisso: il problema di questo paese è in primo luogo la mancanza di un'alternativa credibile a Berlusconi più che Berlusconi stesso, a sua volta spia di un umore del Paese più che semplice anomalia di sistema. Un'opposizione che non ha idee da sbandierare (che dice sul prolungamento dell'età pensionabile delle donne o sull'insulto a insegnanti e dipendenti pubblici?) e che su questa legge al di là di mosse a effetto per attirare l'attenzione di un giorno solo, non offre una prospettiva. Eppure lo spazio è lì che attende solo di essere riempito: può essere fatto sul terreno della legalità e della difesa della Costituzione - a partire dal suo articolo 21 - come si attendono molti giovani che si mobilitano soprattutto sul web, anche se con un'efficacia solo parziale. Ma potrebbe essere fatto, molto più produttivamente, con un discorso complessivo che leghi l'opposizione alla manovra, alle leggi-infami e alla necessità di un risarcimento sociale e morale per questo paese. Insomma, con il piglio e l'ambizione di una vera opposizione che lavora per un'alternativa sociale e politica. Ma per fare questo servirebbero idee, spirito di scissione rispetto agli ultimi venti anni e un rinnovamento di volti e di programmi di cui non c'è attualmente traccia. La vera forza di Berlusconi è ancora questa.